In Italia l’applicazione della legge è, troppo spesso, alterata da fattori umani.
Tale situazione crea incertezza del diritto (già peraltro imputabile al nostro legislatore pulcinella).
Fra i fattori umani che concorrono ad alterare l’esito dei giudizi occorre inserire lo stato emotivo (in quel dato momento o in quel dato contesto), l’umore, la preparazione, l’esperienza del magistrato/avvocato/pubblico ufficiale chiamato, in quel momento, a decidere in merito ad una “causa”.
I fattori umani alterano dunque l’esito di un giudizio che, a parità di fattispecie, può essere di un certo tipo o di tipo diametralmente l’opposto.
La cosa succede così spesso che forse occorre dire che non la Giurisprudenza ma la (buona o mala) sorte ha un ruolo decisivo nei processi.
Uno dei fattori umani che influiscono sl modo di prendere una decisione e quindi sull’esito dei giudizi è la differenza anatomica che la scienza ha assodato esserci fra il cervello maschile e quello femminile.
Se qualcuno è indotto a credere che io sostenga la superiorità di un cervello rispetto ad un altro si sbaglia!
Sostengo solo che il cervello femminile funziona diversamente da quello maschile a causa delle differenze strutturali esistenti fra i due cervelli.
Le differenze strutturali fra il cervello dei giudici di sesso maschile rispetto al cervello dei giudici di sesso femminile sono tali da condurre a decisioni diverse sullo stesso punto di diritto per effetto del diverso modo di “pensare” del giudice femmina rispetto al giudice maschio.
(Vin – 20190331 – continua)