INOTTEMPERANZA DELLA AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI ALESSANDRIA ALLA SENTENZA DEFINITIVA DI ANNULLAMENTO DELL’ATTO DI RECESSO.

A fine 1993, dopo la reggenza del Commissario Straordinario dott Cesare Macrì, si é insediata la Amministrazione Comunale leghista capeggiata dalla Sindaco CALVO Francesca.

Ero dirigente (classe A, senza preposti, iscritto all’albo nazionale dirigenti – documento di prova ===>  19961227-GC-CCNLDir94-97-RECEP.pdf – pag 15) della struttura “Centro Elaborazione Dati”  quale vincitore del  concorso pubblico per titoli ed esami nel 1977.

Il Comune di Alessandria aveva raggiunto, nei miei 16 anni di direzione, importanti traguardi di automazione e riorganizzazione funzionale (3° comune italiano a certificare on line).

La incultura politica ed amministrativa dei nuovi eletti ed il loro desiderio di gestire direttamente la struttura amministrativa ha sin da subito causato conflitti di competenze fra la Dirigenza ed i nuovi amministratori..

L’articolo  51 della legge 142/1990 aveva introdotto la separazione delle funzioni di gestione (spettanti alla burocrazia) da quelle di indirizzo (spettanti agli eletti).

La ignoranza e la smania di potere della classe politica emergente ha paralizzato per quasi un intero anno ogni attività nell’Ente.

La alluvione del 6 novembre 1994 ha fatto il resto distruggendo il sistema informatico installato nei locali del semiinterrato del palazzo comunale.

La riunione del collegio di direzione convocata dal Segretario Generale nella tarda mattina del 7 novembre é stata l’ultima alla quale ho partecipato.

Il diario degli eventi si trova all’indirizzo correlato alla immagine che segue:

Nel seguito scrivo delle conseguenze che la mancata ottemperanza, da parte di una dirigenza pubblica asservita a frange corrotte del potere politico, ad una sentenza definitiva di annullamento dell’atto di recesso irrogatomi illegittimamente dalla defunta sindaco Calvo.

Evitare le controversie è un crimine per ogni cittadino!

                                                                                                          (Solone)

In coerenza con l’aforisma di Solone, continuerò a lottare sino a quando avrò ottenuto (per poi donarlo, dedotte le spese, agli indigenti di Alessandria) quanto mi spetta a seguito della sentenza definitiva di  un tribunale  dopo oltre 22 anni di cause civili seguite a 6 anni di cause penali.

Continuerò a lottare per il futuro dei miei cari e per insegnare che, alla fine, nonostante l’operato infame, conseguente al desiderio di POTERE, di alcuni (politici, burocrati e giudici), la GIUSTIZIA si può ottenere, oggi o domani, qui, nel nostro Paese!

​Ero erroneamente convinto che il giudizio di Cassazione avrebbe posto fine alla vertenza di lavoro che dura dai primi mesi del 1994.

​Il numero eccessivo di cause assegnate ai giudici relatori impedisce agli stessi di esaminare con attenzione i fatti e di farsene una raffigurazione la più coerente possibile con le descrizioni documentali (le mappe sono diverse dai territori).

​I collegi giudicanti dovrebbero applicare norme e principi di diritto ai contesti descritti nei documenti e non ai contesti descritti negli scritti di parte.

I collegi giudicanti sono costituiti da più giudici al fine di garantire che l’accertamento sia il più possibile indipendente dalle emozioni,  dalla  influenzabilità e dalle esperienze personali di un singolo giudice. 

Ciascun componente del collegio giudicante dovrebbe farsi,  in  modo indipendente,  una mappa dei contesti ai quali applicare  le  norme

Purtroppo nulla di tutto ciò succede. 

Il collegio fa sua la descrizione del contesto (la mappa) del giudice relatore e si allinea  al suo  “parere”.

La collegialità della decisione si riduce ad una acquiescenza alla decisione del relatore.

Nonostante il parere del PM, la Blasutto, (indotta inconsapevolmente da politici massoni della sua cerchia?) ha deciso ed il collegio si è allineato.

​​In 24 anni ne sono successe di tutti i colori.

​Nella Russia Sovietica i “liberi” venivano mandati in Siberia o nei manicomi.

Nel Cile di Pinochet i “liberi” venivano raccolti negli stadi di calcio e poi “fatti sparire” portandoli in volo su elicotteri che atterravano scarichi.

​Nella Italia “libera e democratica” congreghe di vampiri sottraggono risorse ai “liberi” per renderli incapaci di nuocere al sistema dentro al quale razzolano ed ingrassano.

​Pochi sono consapevoli di ciò che sta succedendo in Italia dal 1992.

​PER QUANTO RIGUARDA ALESSANDRIA ED IL MIO CASO, LE DIVERSE AMMINISTRAZIONI COMUNALI HANNO SEMPRE E PERVICACEMENTE OMESSO DI  OTTEMPERARE  SECONDO LEGITTIMITA‘ ALLA SENTENZA della CORTE DI APPELLO di TORINO n. 1193/08 del 20/11/2008 DIVENUTA DEFINITIVAMENTE ESECUTIVA a seguito della SENTENZA n. 16190 pronunciata dalla  SUPREMA CORTE  DI  CASSAZIONE e pubblicata il 25/07/2011.

Infatti, ogni persona padrona anche di poche conoscenze di diritto sa che al dispositivo, che della sentenza costituisce PRONUNCIA ESPLICITA, va aggiunta la PRONUNCIA IMPLICITA che emerge dalla applicazione delle norme di diritto alla situazione giuridica venutasi a creare a seguito dell’annullamento dell’atto di recesso da parte  del  Giudice che ha   pronunciato la sentenza n. 1193/08. 

L’annullamento  definitivo ha fatto sparire  dal  mondo  del diritto  l’atto  di recesso con  tutte  le  conseguenze  giuridiche sotto  riportate prodotte da tale sparizione:

1  Ripristino della continuità giuridica ex tunc del rapporto fondamentele di lavoro dalla data della nomina in ruolo (01/12/1977) per superamento del concorso pubblico e fino alla adozione di un apposito atto di recesso con collocazione in pensione legittimato dal superamento della età anagrafica per restare in servizio;
2 Perdita del diritto al trattamento pensionistico dovuta alla ripristinata continuità giuridica del rapporto di lavoro ;
3 Acquisizione del diritto alla ricostruzione della carriera pregressa ed alla assegnazione di un incarico di direzione.
Tabella delle conseguenze giuridiche dell’annullamento dell’atto di recesso.

La Amministrazione Comunale si è limitata, nel giugno del 2010 PRIMA DEL DEFINITIVO ANNULLAMENTO DELL’ATTO DI RECESSO DEL 20/11/2011 ed in  seguito all’accesso della polizia giudiziaria del 10 marzo, ad una ottemperanza parziale ed illegittima, su parere della dirigente della Avvocatura alla data sig.ra BOCCHIO Orietta.

BOCCHIO ha espresso il parere su richiesta del Segretario Generale dopo l’accesso da parte della polizia giudiziaria del 10 marzo del 2010 e lo ha secretato.

C’è stata una limitata parziale ottemperanza giustificata con la temporanea  mancanza delle risorse economiche a quanto disposto con la pronuncia esplicita e totale  omissione  di quanto  costituisce pronuncia implicita della sentenza 1193/2008.

In particolare occorre precisare:

1 –  i provvedimenti di sospensione cautelare discrezionale e facoltativa (1994-2001), dopo l’annullamento definitivo dell’atto di recesso ed in  assenza di altre sanzioni disciplinari, hanno perso il potere di privarmi del diritto alla retribuzione ed alla anzianità di servizio per gli anni trascorsi in stato di sospensione cautelare (77 mesi – OLTRE 6 ANNI DI SERVIZIO);

​2 – il rapporto giuridico di lavoro, con l’annullamento  definitivo  dell’atto di recesso, è stato definitivamente ripristinato (ex tunc) a decorrere dalla data di nomina in ruolo dal 1.12.1977, dopo il  superamento  del  concorso  pubblico, con l’obbligo,  in  costanza  di rapporto di lavoro, (sentenza n. 351 del 24/10/2008 della Corte Costituzionale) di ripristino del rapporto di servizio e la attribuzione di un incarico di direzione corrispondente a quello prevalente rivestito prima della prima sospensione cautelare;

3- l’annullamento definitivo dell’atto di recesso ha fatto emergere l’obbligo, in capo alla Amministrazione Comunale, di ricostruire la carriera pregressa secondo legittimità;

4- l’annullamento definitivo dell’atto di recesso e la ripristinata continuità giuridica del rapporto di lavoro dirigenziale a tempo indeterminato ha fatto emergere, in capo  alla Amministrazione Comunale, l’obbligo, dopo il ripristino del rapporto di servizio, di adottare atto di interruzione del rapporto (di lavoro e di servizio) secondo le modalità di legge.

Alla data (25.07.2011) della pronuncia,  da parte  della Suprema Corte di Cassazione, della sentenza n. 16190/11 che ha sancito la esecutività definitiva della sentenza  n.  1193/08  del 20.11.2008  pronunciata  dalla Corte  di Appello  di Torino:

erano inesistenti giudizi fra le parti che potessero giustificare la OMISSIONE DELLA OTTEMPERANZA

​I due giudizi avviati nel 2009 per il riconoscimento di istituti specifici si erano conclusi in primo grado ad aprile del 2011 con due sentenze di rigetto da parte della Giudice Lippi.

La Lippi avrebbe dovuto rilevare d’ufficio che il richiesto era, in toto, GIUDICATO IMPLICITO del giudizio concluso con la sentenza n. 1193/2008 appellata in Cassazione dalla Amministrazione Comunale ed, alla data, in attesa di conferma o meno della esecutività definitiva.

​La Giudice Francesca Lippi ha ignorato la possibilità di conferma definitiva della sentenza n. 1193/2008 ed HA EMESSO ad aprile 2011, due mesi prima del giudizio di Cassazione che ha confermato la definitiva esecutività della sentenza n. 1193/2008, sentenze, nel merito, di rigetto di due richieste facenti parte del GIUDICATO IMPLICITO del giudizio concluso in Corte di Appello con la sentenza 1193/2008.

LA LIPPI HA PRONUNCIATO, in primo grado, IN MODO DIFFORME DA QUANTO GIA’ DECISO CON LA SENTENZA 1193/08 CONFERMATA DEFINITIVAMENTE due mesi dopo il 25.07.2011 dalla sentenza 16190/2011.

​Dopo la pronuncia della sentenza di Cassazione n. 16190/11 i dirigenti  del  Comune di Alessandria, via via incaricati della direzione del personale e della avvocatura, hanno abusato del loro ufficio  (violazione art.  323  c.p.) mettendo  in atto comportamenti omissivi degli adempimenti  di  ottemperanza  secondo legittimità sia al dispositivo  esplicito e sia a quello implicito del quale si è detto.

​I dirigenti responsabili degli adempimenti di ottemperanza:

​1 – hanno violato l’art. 97 della Costituzione quando hanno omesso di ottemperare alla pronuncia della sentenza n. 1193/2008 divenuta definitivamente esecutiva a seguito della pronuncia della sentenza 16190/2011 da parte della Suprema Corte di Cassazione pubblicata il 25.07.2011;

​2 – hanno arrecato allo scrivente ed all’erario un danno ingiusto ed ingente che produce ogni mese ulteriori e sistematici effetti di danno.

Tutti SONO personalmente responsabili,  ai sensi dell’art. 28  della  Costituzione, dei danni ingenti provocati allo scrivente ed alla collettività dal comportamento omissivo e dilatorio tenuto dal 21.11.2008 ad oggi per inottemperanza al disposto (sia esplicito e sia implicito) della sentenza n. 1193/2008 e violazione dell’art. 97 Cost. con danno ingiusto allo scrivente ed alla collettività.

​La cosa paradossale è che,  nel procedimento  avviato  a seguito della pervicacia  della  Amministrazione  nell’insistere nella inottemperanza, proprio gli avvocati della Amministrazione Comunale (e per essi la professionista incaricata) hanno avuto l’ardire di richiedere la inammissibilità del ricorso in Cassazione di parte scrivente sulla ipotesi che si sarebbe già formato il giudicato sulle domande formulate nel procedimento successivo.

​Nell’ultimo giudizio sin qui avviato ho inteso chiedere, alla Suprema Corte,  di precisare quei diritti  legittimi conseguenti  alla  sopravvenuta definitività  dell’annullamento dell’atto di recesso, sistematicamente calpestati dalle Amministrazioni che si sono succedute nel tempo.

​Già nei due procedimenti  avviati nel 2009, giunti a sentenza di primo grado nell’aprile del 2011 (Giudice Francesca Lippi) ed a sentenza di Corte di Appello il 4-12-2012 (Relatrice la giudice Sanlorenzo) IL RICHIESTO era parte del GIUDICATO IMPLICITO della sentenza n. 1193/2008 del 20.11.2008 (in attesa di definitività, conseguita il 25.07.2011 con la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 16190/11)!

La Suprema Corte  di  Cassazione HA RIGETTATO la domanda  di inammissibilità  del mio  ricorso,  avanzata dalla Amministrazione, ha AMMESSO il ricorso ed ha fissato  la  discussione per il 12 giugno 2018 alle ore 10. 

​La Suprema  Corte di Cassazione ha ammesso il ricorso ed ha fissato  la  discussione della causa  nella udienza pubblica del 12 giugno 2018 ore 10.

12 GIUGNO 2018 ore 10 aula 8

Il collegio della Suprema Corte di Cassazione é formato dai Giudici:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente, Dott.ssa TORRICE Amelia – Consigliere, Dott.ssa BLASUTTO Daniela – Consigliere relatore, Dott.ssa DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere, Dott.ssa TRICOMI Irene – Consigliere, Dott.ssa DE FELICE Alfonsina – Consigliere

​alle 10.30 inizia la trattazione della Causa Pasino contro Comune di Alessandria

​Sinteticamente:

​La Giudice relatrice BLASUTTO  Daniela premette che la vicenda dell’ingegner Pasino è molto complessa.

Il Pubblico  Ministero, in persona del Sostituto .Procuratore  Generale  dott.ssa  PAOLA  MASTROBERARDINO conclude per l’accoglimento della censura concernente il trattamento retributivo nella fase di sospensione e la inammissibilità del resto per (ne bis in idem).

​L’avv. Cristiano FUDULI al quale l’avv. Costantino SQUEO, difensore di Pasino, ha affidato l’arringa finale ricostruisce la vicenda ed elenca tutte le mancanze del Comune di Alessandria; tratta approfonditamente le questioni giuridiche quali la  portata del giudicato esterno, il  diritto alla retribuzione e la questione della cessazione del rapporto di lavoro concludendo  il  suo  ottimo  intervento  con  la  richiesta  di  accogliere  in  toto  il ricorso.

​Il Comune si riporta e la causa va in decisione.

Al termine della discussione il Collegio della Suprema Corte si è riservato la decisione che verrà assunta in Camera di Consiglio. 

​Perché una Amministrazione,  nonostante la  soccombenza in  giudizio,  mette in atto ogni  impossibile  leguleio strattagemma per tardare la conclusione delle vicende ed evitare di ottemperare secondo legittimità ai giudicati?

Perché, nonostante la mia disponibilità ad attendere, dilazionando nel tempo gli incassi e/o donando alla collettività una parte del netto spettante, dedotte le spese, la Amministrazione ha sistematicamente rifiutato di ottemperare al giudicato secondo legittimità.

​La strategia consistente nel concedere una parte (con le determine del maggio-giugno 2010) e poi attendere suggerisce ipotesi FOSCHE.

                                                         Vogliono la tangente?

Ecco la strategia.

Se TUTTI vengono pienamente soddisfatti dalla prima concessione allora viene completata la ottemperanza altrimenti scrivo come è scritto nella lettera inviatami dalla dirigente, alla data, incaricata della Direzione della Avvocatura dopo la definitiva esecutività della sentenza che ha annullato l’atto di recesso e che potete leggere (alla descrizione dei contesti di fatto DCF59 e DCF60) con un clic sulla icona che segue

Con un clic sulla freccia si va alla pagina del giudicato (esplicito ed implicito) della sentenza della Corte di Appello di Torino n. 1193/2008.

 

Vin-agg. 20230722